James Cook, la leggenda dei mari. E’ grazie a lui che conosciamo gran parte delle culture oceaniche.
James Cook.
“al di là di dove chiunque è andato, ma fin dove è possibile per un uomo arrivare” cit. James Cook.
Navigatore, esploratore, cartografo, leggendario capitano britannico fonte di ispirazione di marinai e sognatori, le sue impervie avventure in mare per ben due secoli sono rimaste confinate un limbo tra realtà un mito paragonabile ai grandi poemi epici.
Non solo pirati e corsari riempiono la storia di affascinanti racconti ma anche grandi personaggi della marina militare come James Cook che una volta raggiunta esperienza e ruoli di comando nei mercantili privati inizia, ripartendo da zero, la sua carriera al servizio della corona.
La maestria nella navigazione dimostrata nelle imbarcazioni della Royal Navy lo porta prendere servizio per la flotta reale, diventando sottotenete, dopo aver superato gli esami nel 1757.
Da subito si guadagna favori e ammirazioni da parte degli ammiragli, le sue mappe consentiranno vantaggi alla flotta inglese su tutti i nemici e, alcune delle quali, come quella di Terranova, saranno utilizzate dalla marina fino ai primi del 900’.
Una vita dedita alle scoperte e all’esplorazione.
Le imprese dei marinai dell’epoca erano spesso finanziate da governi e privati per cercare soprattutto nuove rotte commerciali. Ma la capacità di commercio, nonostante fosse ormai la massima risorsa per sviluppo delle potenze mondiali, lasciava ancora spazio all’inseguimento di sogni di ricchezze provenienti da mitologiche terre ancora non scoperte.
Non l’autocelebrazione delle sue imprese, non la spinta imperialista, non il fascino del mondo esotico renderanno grandi le imprese di Cook, bensì la navigazione stessa, il mestiere e la minuziosa tecnica con cui affrontò i suoi tre celeberrimi di viaggi, ognuno rivelatosi di enorme portata scientifica.
Scriverà in seguito nei suoi giornali di bordo: “al diavolo i celebratori in poltrona che ricamano, speculano sulle nostre fatiche; al diavolo i mitografi che piegano qualunque realtà ai loro pregiudizi, falsando l’esperienza e l’impegno dei nostri e dei navigatori nostri compagni; al diavolo questi viaggi che diventano interessanti solo quando ci hanno appiccicato l’etichetta “esplorazione”, così come la concepiscono, idealizzano, storpiano loro”.
I viaggi.
Al contrario del leggendario corsaro Drake che inseguiva l’oro non soffermandosi troppo sulla ricerca di nuove terre, James Cook pianifica i viaggi secondo precise ricerche scientifiche.
Indipendentemente dai risultati, lo porteranno durante i viaggi a mappare quasi alla perfezione le isole dei mari del sud tra cui Thaiti, Bora Bora, Raiatea e Huahine e ancora le isole Marchesi, l’isola di Pasqua, Tonga, isole della società, nuove Ebridi, Nuova Caledonia, Georgia del Sud, Palmerstone, Niue e le isole Sandwich, fino alla Nuova Zelanda e alle Hawaii.
Non solo è proprio grazie a lui che di tutte queste popolazioni incontrate, oggi conosciamo antiche abitudini e odierne tradizioni.
Ful il primo a descrivere le imbarcazioni caratteristiche con le quali gli indigeni solcavano i mari, in particolare la pratica del Surf.
Credenze, pietanze, frutti e piante bevande dell’epoca, James Cook era solito annotare nei suoi taccuini tutto ciò che non era conosciuto al mondo occidentale.
Dalla tradizione alla miscelazione.
Proprio questa attenta ricerca ci porta oggi a conoscere le abitudini, le tradizioni e tutte le caratteristiche dei nativi. Da Cook apprendiamo l’utilizzo e le caratteristiche della Kava e che queste popolazioni non erano affatto a conoscenza di fermentazioni e tantomeno di alcolici.
Alcolici e distillati che invece abbondavano sulle navi della marina, addirittura autoprodotti a bordo. La nuova tecnica per produrre la birra era molto funzionale nei luoghi tropicali.
Con un nuovo distillatore potevano ricavare acqua potabile dal mare, che aggiunta ad un mosto di birra quasi completamente disidratato si innescava nuovamente la fermentazione.
Pare che nei luoghi tropicali appunto, grazie all’elevata presenza di lieviti spontanei, i barili con il composto sopra descritto ribollivano in pochi giorni.
Dunque la birra autoprodotta, notevolmente gassata, era pronta in pochissimo tempo ed evitava l’eccessivo stoccaggio di barili alla partenza delle spedizioni.
Molto spesso il clima favorevole alla fermentazione dei tropici permetteva anche una fermentazione spontanea senza l’aggiunta dei lieviti, così che la birra diveniva frizzante solo dopo pochi giorni. Proprio da queste sperimentazioni con erbe e spezie nasce quella che poi diventerà una tradizione ancora esistente, ovvero la produzione di bibite speziate e gassate come ad esempio il ginger beer.
La morte di James Cook.
L’attenzione allo studio delle popolazioni indigene e quindi il loro contatto porterà Cook ad essere addirittura divinizzato. In particolare alle Hawaii, quando in concomitanza delle celebrazioni del Dio Lono, il suo arrivo venne legato al potente Dio.
Ma non sempre questa sua posizione risulterà favorevole, anzi segnerà il suo destino. Una banale lite, scaturita dal furto di una scialuppa da parte degli indigeni, costò la vita al capitano. Pugnalato alle spalle, probabilmente da un indigeno reo di non averlo riconosciuto, James Cook perse la vita sulle paradisiache spiagge hawaiane.
Riconosciuto il capitano, gli furono riservati i riti mortuari dedicati solo ai capi tribù.
Il suo corpo su disossato e cotto, così che le sue reliquie potessero essere conservate e venerate per sempre.
Il racconto delle avventure di Cook saranno spunto e esempio per tutte le navigazioni future e faranno da sfondo alla vena artistica di pittori, scultori, scrittori, pensatori e artisti di ogni genere che focalizzeranno le loro opere sul fascino esotico della Polinesia. Sentiremo parlare molto di James Cook in tutto il percorso della tiki culture.
Questo coinvolgerà l’America e il mondo soprattutto quando, un giorno, qualcuno imprimerà i sapori esotici in un cocktail tiki…
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