Chi sono i Rumrunners? Come ama dire l’amico Marco Graziano il mondo dei rum è da sempre un mondo di pirati.
In effetti, se l’ultima evoluzione dei “pirati moderni” può identificarsi forse nei produttori ed negli etichettatori poco onesti, i rumrunners sono probabilmente gli ultimi pirati che hanno smerciato fisicamente e illegalmente bottiglie e barili di rum ed altri distillati. Appunto contrabbandandoli e diffondendoli quando non si poteva, durante l’epoca del proibizionismo.

Il rum è un distillato nato ed evoluto attraverso il lavoro di schiavi e contadini, fatto dal popolo per il popolo. Sofisticato, speziato, miscelato, arrangiato, blendato, tagliato, invecchiato, in un modo o nell’altro, eccellente o di bassa qualità, il rum ha sempre trovato un qualsiasi modo per essere bevuto.
E da sempre la sua diffusione non ha mai conosciuto restrizioni di alcun tipo.
Per questa forte tradizione popolare ho sempre sostenuto, in riferimento ai prodotti da collezione, che il rum che non si beve non è rum, sono solo bottiglie a cui qualcuno da un valore importante.
Da circa due anni sto preparando un corso tematico su Cuba e la sua miscelazione, i rumrunners fanno indubbiamente parte della storia di questa isola e hanno avuro un impatto indiretto ma importante per la miscelazione cubana.

Why go to Cuba?
In epoca di proibizionismo, la scritta “Why go to Cuba” apparsa sul muro esterno di un illegale un saloon di New York, stava ad indicare che non c’era assolutamente bisogno di andare a Cuba per trovare i veri distillati cubani ma che era possibile bere dell’ottimo rum negli scantinati e nei retrobottega di qualsiasi città americana.
Ne sa qualcosa anche il re del Tiki Donn Beach che insieme al fratello passò non pochi guai per aver importato illegalmente il suo distillato preferito.
Al fine di capire meglio il valore di questa scritta ricordo che negli anni del proibizionismo Cuba era presa d’assalto da innumerevoli americani. Molti benestanti, politici e businessman, che, approfittando delle loro trattative incrementarono la nascita di bar, ristoranti e strutture ricettive, in particolare all’Havana invasa dal turismo alcolico in una Cuba che ormai era un “tropical playground”.

Se dunque i migliori rum cubani potevano essere illegalmente serviti anche nelle città americane era proprio grazie all’incessante lavoro dei rumrunners che salpavano carichi di acolici dai porti cubani per approdare illegalmente lungo le lunghissime coste del sud degli Stati Uniti.
A differenza dei famosi moonshiners, che invece in territorio americano producevano distillati per lo più tossici e pericolosi, nelle vasche da bagno o con rudimentali alambicchi nascosti nei boschi, i rumrunners non producevano alcol. Il rumrunner si occupava semplicemente di importare di nascosto alcol proveniente da vere distillerie, alcol in gran parte di ottima qualità stoccato quasi per la totalità dei volumi a Cuba.
Tutti gli affari iniziavano e si concludevano nei bar e nei ristoranti dell’Havana, in questi luoghi avvenivano gli incontri tra rumrunners e fornitori.

L’alcol cubano
Non solo rum, a Cuba si poteva comprare qualsiasi tipo di distillato, nonostante il governo cubano era appoggiato ed influenzato dagli Stati Uniti, a Cuba si poteva produrre, commerciare e consumare liberamente alcol.
Inoltre Cuba garantiva le tasse doganali più basse di tutti i caraibi e l’arrivo dei distillati nei porti dell’Havana era indubbiamente più vantaggioso che in qualsiasi altro porto che affacciava sul golfo del Messico.
Il porto di Nassau, dove ha iniziato la sua attività di rumrunner il leggendario Bill McCoy, aveva delle tasse di importazioni quasi tre volte superiori all’Havana.
La vicinanza alle coste americane e il lavoro illecito dei rumrunners favoriva l’interesse all’esportazione di tutte le più grandi produzioni di alcol europee.
Come è noto la cultura alcolica negli gli Stati Uniti è da sempre molto sviluppata, non a caso possiamo affermare che proprio negli Stati Uniti nasce il cocktail quindi la miscelazione.
Il consumo di alcol nel territorio era così elevato che, oltre le ben note produzioni locali, sul mercato americano si potevano trovare tutti i prodotti più importanti e tradizionali della produzione acolica europea.
Dati questi ingenti volumi distillati per il mercato americano, il danno economico che avrebbe causato il proibizionismo alle distillerie europee non sarebbe stato sostenibile.
Per questo motivo, consapevoli dell’ingente lavoro dei rumrunners, Cuba fu inondata di acol.
Si poteva trovare, oltre la locale produzione di rum, whisky, brandy, vini, champagne, vini fortificati, cognac, gin, liquori, vermouth e qualsiasi prodotto di tradizione europea proveniente in gran parte da aziende ancora oggi esistenti.
Anche per questo motivo Cuba, a differenza di tutte le isole del rum, ha plasmato una sua peculiare miscelazione.
Una miscelazione tendenzialmente americana, tecnica e moderna, talmente strutturata da lasciare spazio anche all’innovazione senza però perdere la tradizione locale del rum come valore aggiunto ed identificativo.

Non è detto però che l’alcol cubano finiva così com’era stato prodotto nei bicchieri degli americani.
In generale il compito del rumrunner era portare da A a B consegnare a C che distribuiva a D dove D sono praticamente i venditori finali, i bar per intenderci.
In questa trafila C, colui che inondava le strade americane di alcol, modificava i distillati in relazione alla qualità richiesta. Sono certo che il whisky scozzese che poteva bere Al Capone era della migliore qualità ma indubbiamente tutti gli alcolici che servivano le peggio bettole delle città americane erano tagliati fino a sei sette volte del prodotto originale.
A questo riguardo ad esempio le distillerie di rum, in particolare quelle giamaicane producevano dei distillati destinati al mercato estero molto più pesanti e carichi di esteri. I così detti “grand arome” diversi dal prodotto locale ma che erano studiati appositamente per essere tagliati con alcol neutro o addirittura acqua.
Dunque c’erano distillati per tutte le tasche, uno dei maggiori affaristi di alcol del proibizionismo riuscì a vendere circa 750mila bottiglie da un carico di 96mila.

Chi era il Rumrunner?
Il rumrunner poteva essere chiunque.
Il rumrunner era un singolo imprenditore che agiva nell’illegalità da solo e in modo assolutamente indipendente.
A differenza di ciò che succedeva con il business dell’alcol nelle città americane, il rumrunner non era legato a nessun sindacato e non agiva per conto di nessuno ma solo attraverso contatti e collaborazioni puramente commerciali.
Se la storia della mafia americana ha segnato, attraverso il business dell’alcol, uno dei periodi più neri e sanguinari della storia degli Stati Uniti, i rumrunnes non si sono mai macchiati di efferati crimini inerenti a lotte di potere e controllo territoriale.
Per questo motivo i rumrunners ancora oggi hanno mantenuto un valore concettuale simbolico, un lavoro quasi vocazionale, se vogliamo tendente al romantico.
Anche gli abitanti del sud, che votarono fortemente per un America dry, in realtà accolsero e appoggiarono senza troppi problemi le attività illecite dei rumrunners, ovviamente spinti anche da un forte interesse economico.
Il rumrunner dunque poteva essere chiunque, chiunque disponesse di circa ottomila dollari per comprare una carretta del mare che potesse bastare per arrivare da Cuba alle coste americane.
Anche se con il tempo alcuni cantieri navali hanno iniziato a produrre barche apposite per il contrabbando qualsiasi barca a vela, a motore o a vapore, ogni mezzo in grado di galleggiare era adatto allo scopo.
Un piccolo armatore andava personalmente nei bar dell’Havana a trattare con i fornitori locali, in generale ebrei americani che distribuivano tutto l’alcol che arrivava a Cuba.
Trattato il carico andava sul porto nelle peggiori bodegas ad ingaggiare per poche decine di dollari marinai e comandanti. Iniziava così l’avventura con rotte studiate appositamente per eludere i controlli della marina statunitense.


Le misure contro i Rumrunners
Dalle considerazioni prima accennate può sembrare che intraprendere il mestiere del rumrunner fosse semplice, in effetti lo era. Nonostante gli sforzi gli Stati Uniti non riuscirono mai a bloccare il traffico illecito di alcolici lungo le coste del sud.
Gli annunci a gran voce della fine del commercio illegale di alcol sono sempre stati solo propaganda, la realtà è che per una barca fermata almeno dodici raggiungevano la costa.
Nei primi 5/6 anni (su 13) del proibizionismo è stato fermato solo il cinque percento dell’alcol illegale.
Milioni di dollari spesi per centinaia di navi in dotazione alla marina militare, il reclutamento di migliaia di militari non ha prodotto altro che lo spostamento delle rotte delle innumerevoli imbarcazioni dei rumrunners.
Nonostante tutti gli sforzi, per anni, anche chi veniva fermato non sempre subiva una condanna per l’inefficacia delle leggi e della poca autorità degli Stati Uniti oltre i confini marittimi nazionali.
Le strategie dei trafficanti sono nel tempo mutate al variare delle normative e delle leggi.
Per molto tempo il rischio per i trafficanti era effettivamente modesto e la storia dei rumrunners finirà solo con la fine del proibizionismo.
Falsificazioni di documenti di carico e delle imbarcazioni, oltre ovviamente la corruzione degli organi di controllo, favorirono i rumrunners anche quando Cuba accettò le richieste americane di inasprire i controlli nei porti dell’Havana.
I sotterfugi applicati sono innumerevoli e geniali ma per motivi di spazio non riesco a raccontarli in questo articolo.
Inizialmente i contrabbandieri sfruttarono a loro vantaggio una direttiva marittima che autorizzava un’imbarcazione con gravi difficoltà di navigazione a raggiungere il porto più vicino indipendentemente dalle rotte dichiarate in partenza. In acque internazionali, dalle quali si vedevano ad occhio nudo le coste americane, veniva appositamente danneggiata la barca, che nell’attesa dei soccorsi diventava una rivendita galleggiante. Mentre la marina statunitense si muoveva per dare soccorso, piccole imbarcazioni si allontanavano dalla barca in avaria cariche di distillati.

La società americana e i Rumrunners
E’ stupefacente invece come l’effetto del lavoro del rumrunner non abbia influenzato solo la diffusione di alcol illegale ma l’intera società americana e il potere della nazione.
L’arrivo di ingenti quantità di alcol ha permesso lo sviluppo del tessuto economico degli stati federati del sud, dove appunto arrivavano i distillati.
Un po’ come è successo all’Havana, nelle città del sud si ampliarono a dismisura le strutture ricettive, attività turistiche, bar, ristoranti e stazioni di servizio in conseguenza di uno spropositato aumento del turismo dal Nord America.
Questo inoltre ha indirettamente favorito lo sviluppo delle infrastrutture in particolare i collegamenti per il trasporto stradale e ferroviario.
Ma il cambiamento avvenne anche sotto un profilo più strettamente culturale avvicinando la popolazione verso un’unione o meglio una maggiore tolleranza raziale.
Per gli abitanti bianchi del sud l’alcol è sempre stato simbolo di appartenenza raziale tanto che molto spesso veniva addirittura proibito ai neri e alle altre minoranze raziali.
Il mondo illegale dell’alcol ha invece incredibilmente accesso uno spirito collaborativo indistinto tra le razze al fine di poter migliorare gli stessi affari economici lavorando insieme.
Inoltre gli abitanti del sud, grazie proprio a questi scambi commerciali, si avvicinarono culturalmente a quelli del nord favorendo una maggiore identità nazionale.
Nazione che grazie proprio agli effetti indiretti del proibizionismo, e quindi alle misure di contrasto, ha allargato a dismisura i suoi poteri giurisdizionali verso le nazioni esterne, in particolare su Cuba, nella logica di ciò che in seguito si svilupperà come imperialismo esotico verso anche altre nazioni.

Come prima ho accennato in merito al corso che sto preparando sulla miscelazione cubana, i rumrunners non influenzarono direttamente la miscelazione ma fecero in modo che Cuba si riempisse di alcolici di ogni genere.
Un tassello di primaria importanza che combinato ad altri fattori storici culturali ha contribuito a dare vita ad una miscelazione del tutto unica e a mio avviso eccezionale.
Curiosità:
Oggi ci sono tanti prodotti che ricordano personaggi romanzati e affascinanti come pirati, corsari e marinai attraverso distillati che cercano di identificare stili di rum ormai perduti perchè mai ben definiti.
Anche i rumrunners hanno la loro parte nelle menzioni moderne, proprio a sottolineare il fascino romantico di questa figura che indirettamente e molto poco volontariamente è rimasta consolidata nella storia del rum e della miscelazione.
Uno dei prodotti a cui mi riferisco ad esempio è The Real McCoy, in ricordo del rumrunner Bill McCoy, prodotto da quello che è uno dei più grandi assoluti produttori di rum Richard Seale.
Oppure la linea recentemente uscita imbottigliata dal mio amico Jonathan Di Vincenzo che si chiama appunto The Rumrunners. Con tre bottiglie di blend ispirati a questi personaggi di cui si è parlato sempre poco e in modo non troppo approfondito.

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